lunedì 7 novembre 2011

il linguaggio giovanile

La madre che ascolta la telefonata del figlio adolescente: «Ieri sera mi sono imbiavato talmente tanto che poi ho fatto i gattini!».
Il professore che prima di entrare in classe orecchia: «Oggi avevo l'inte di mate ma me la sono bossata».
Il passante colpito da un messaggio che rimbalza improvviso: «Andiamo a farci una brazza».
Situazioni di ordinaria incomprensione linguistica che segnano la distanza abissale tra il vocabolario di carta e quello della strada, e di conseguenza separano le generazioni con una invisibile linea gotica costruita sul filo delle parole.
Ma una soluzione c'è. Se non sapete che «imbiavare» è voce del verbo bere, che «fare i gattini» significa vomitare, che «bossare» è lo stesso di evitare, e che la «brazza» non è un venticello ma uno spinello, documentatevi sul web.
C'è un sito internet che spiega tutto, attivo all'indirizzo:
www.maldura.unipd.it/linguagiovani. Una straordinaria lezione di giovanilese, come gli stessi docenti dell'Università di Padova hanno ribattezzato il gergo multiforme, camaleontico e colorito dei ragazzi italiani, diverso per geografia e soprattutto in continua evoluzione.

Da qui l'esigenza di allargare un progetto nato dieci anni fa, che ha all' attivo un dizionario di oltre 2 mila parole e si accinge a stornare la seconda e più completa edizione di vocaboli targati under 25.
Utile agli esperti per le analisi sulla fenomenologia linguistica, saccheggiato da scrittori emergenti che sull'esempio di Aldo Nove e Federico Moccia rivoluzionano l'ortodossia dello Zanichelli, prezioso per genitori interessati a decifrare l'ermetico codice dei figli e capirci qualcosa.
Se «alcolizzarsi», per quanto improprio, restituisce il concetto anche ai profani dello slang, il verbo «attopparsi» porta fuori strada: significa il contrario di quello che potrebbe suggerire, e cioè (traduzione letterale) «vestirsi in modo elegante». Il «mandarino» non è un frutto, ma un «personaggio appariscente e lampadato del Sud Italia».
Così almeno recita la definizione che campeggia online, ispirata dagli stessi ragazzi che hanno partecipato all'iniziativa lanciata dal dipartimento di romanistica dell'università veneta. Sono stati loro, gli attori del gergo del bar, dei bagni della scuola e delle rampe di skater, a compilare il dizionario interattivo. Hanno inviato vocaboli, modi di dire, espressioni ed esempi in uso da Como a Palermo. Informazioni che dopo il controllo della redazione hanno dato vita a un glossario introvabile in libreria.
«Dopo una prima fase» spiega il papà del portale Michele Cortelazzo, ordinario di linguistica italiana che ha giurato guerra al burocratese, «il sito è ripartito con una nuova versione più completa». Dentro ci si trova materiale validissimo a comprendere la lingua ufficiale dei ragazzi: studi fatti, analisi, convegni, annunci, bibliografia e link ad altri siti simili, sia italiani che stranieri.
L'idea più nuova è però il dizionario in fieri del giovanilese, che non si limita a raccogliere le parole inserite ma le codifica dal punto di vista del significato, accompagnandole con un commento. Così si scopre che «cancello» indica ragazza brutta, ma anche che ragazza brutta si dice in tanti altri modi più o meno eleganti: «cartella», «cozza», «bucal», «citofono». Ma attenzione alla provenienza: «citofono» per i ragazzi di Roma è anche la T-shirt coi bottoncini sotto il collo.
Utile perciò inquadrare il giovanilese nel suo contesto di appartenenza, operazione questa che il sito facilita attraverso la catalogazione per territorio. Un esempio su tutti è l'abusato marinare la scuola uno dei verbi preferiti dagli studenti. Beh, niente di meno omologabile: a Bologna si dice «fare fuga», a Trapani «stampare», a Gorizia «andare in lipa» , a Firenze «fare forca». A Napoli resiste il più classico «filone», mentre in Puglia l'identica volontà si comunica con un più sintetico «fare x», dal gesto di cancellare un giorno sul calendario.
E non è questione di dialetti, sono i mille linguaggi della strada che si conquistano l'autorevolezza sul web e che, sotto la lente di ingrandimento degli esperti, sbugiardano il pregiudizio che si tratti di una trascurabile parlata. Tanto più che è una parlata rubata dalla letteratura, come il sito linguagiovani spiega, per esempio, alla voce «scendere la catena» (essere giù di corda) quando riporta la frase di Enrico Brizzi, autore di Jack Frusciante è uscito dal gruppo: «E a Martino era bastato sentire la voce di Alex che gli diceva "ciao" per capire che al nostro gli era scesa la catena».



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