mercoledì 9 novembre 2011

ESSERE GIOVANI ..

Da dove cominciare? Se si parla di “giovani” la prima cosa a cui penso è l’infinità di complicazioni (del tutto superflue) che assumono un certo valore solo in una determinata fascia d’età; cose che fino a tredici anni nemmeno venivano calcolate e che vengono viste come trascurabili piccolezze da chiunque abbia raggiunto almeno la maggiore età, per l’adolescente medio sono di vitale importanza. Ad esempio, personalmente, da “giovane” i maggiori problemi li ho avuti in ambito esistenziale. Troppe domande, per lo più inutili, crisi mistiche, la disperata ricerca di interessi che fossero sì divertenti ma anche intellettualmente stimolanti, perché non volevo essere relegata nella categoria di adolescente-zotico, troppa voglia di mettere insieme delle idee con troppa poca esperienza da cui attingere. La mia adolescenza è stata segnata da una costante fragilità ed ora che finalmente mi sento fuori da questa età, assolutamente non rimpiango quelli che, erroneamente, da molti vengono definiti come “gli anni più belli della propria vita”. A maggior ragione ora che in ambito scolastico mi ritrovo davanti quotidianamente ben diciassette diversi, diversissimi esempi di “giovane”, che mi ricordano com’è caotica la vita di quegli anni, li rimpiango ancor meno. Forse, il più grande problema del giovane è che vive con la prerogativa dell’essere giovane, di vivere al meglio la propria giovinezza. E ciò a livello pratico si traduce col mettere in atto tutte quelle cose che vengono considerate sbagliate e che classicamente i genitori (o chi per loro) raccomandano continuamente di non fare. Invece di concentrare le proprie energie in qualcosa di produttivo, l’adolescente si fa assorbire completamente da capricci e mode che, essendo ambigui e mutevoli, assurdamente sono più difficili da seguire di una “retta via”. E star dietro a questo ingranaggio infernale contribuisce ad alterare il già fragile equilibrio del quindicenne medio, rendendolo volubile all’inverosimile. Per l’adolescente non esistono sfumature, né piccole gioie: o si è incredibilmente felici, o si vede tutto nero, e questi stati d’animo si alternano continuamente, basta un niente per provocare sconvolgimenti notevoli.Il fenomeno più vistoso del dopoguerra è l'emergere della cultura giovanile come dominante nella società: essa nasce da una identificazione dei giovani occidentali con i gruppi individuati come vittime, anzitutto con i neri d'America, dapprima nella musica jazz, poi in quella rock, infine in quella hip hop. È però interessante notare come questo atteggiamento, che dovrebbe essere riportato alla reazione morale alla shoah, non abbia comportato nelle masse giovanili alcuna identificazione con gli ebrei, e ciò probabilmente a causa di Israele e degli Stati Uniti, percepiti come stati vittimizzatori per eccellenza. Al tempo stesso, l'identificazione primaria, avvenuta con i neri d'America, è una controprova del ruolo guida e dell'attrazione esercitata dall'America sui giovani.
L'autoidentificazione di un gruppo come vittima può avvenire però, all'interno di una società complessa, solo se la società stessa è disposta a riconoscere questo status. È avvenuto con i giovani. La youth culture è un fatto tipicamente occidentale e trans-nazionale all'interno di questo gruppo di paesi. Tutti i sistemi scolastici ne sono stati influenzati, eppure la cultura giovanile continua a rimanere sostanzialmente estranea alla scuola.

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